La Ballata del Vecchio Marinaio (3a parte)



Buon Anno e buon vento!

Per il primo post del 2021 ho pensato di proporvi la terza parte di The Rime of Ancient Mariner, di Samuel T. Coleridge.


TERZA PARTE

Furono giorni tristi. Ed ogni gola
era bruciata, gli occhi eran di vetro.
Un triste tempo, fu! Un triste tempo!
Oh, tristi mi fissavano quegli occhi!
Quando, a un tratto, guardando ad occidente,
io osservai in cielo qualche cosa.

Parea, dapprima, una piccola macchia,
poi una nuvoletta mi sembrava,
e si muoveva sempre, e infin, son certo,
una distinta forma essa prendeva.
Una macchia, una nuvola, una forma!
Ed essa sempre più s’avvicinava:
quasi a scansare spirito marino,
s’immergeva, virava e bordeggiava.

Con gole arse e labbra gonfie e nere,
né rider si potea, né lacrimare.
Quell’arsura ci rese tutti muti!
Mi morsi un braccio e ne succhiai il sangue,
poi gridai  “una vela, ecco una vela!”

Con gole arse  e con  labbra  bruciate,
m’ udirono gridar: “Grazie , Signore!”
Ed essi allor ghignarono di  gioia,
e, come se bevessero , ad un tratto
inspirarono l’aria tutt’insieme.
“ Guarda, guarda,” gridai, “non vira più ! ”
“Vien qui, da noi, per portarci aiuto;
senza vento o corrente s’avvicina
verso di noi, con la chiglia alta e dritta!

Ad occidente l’onda fiammeggiava
e la giornata stava per finire!
Sull’onda di ponente il sole stava:
all’improvviso avanzò la strana ombra
e fra noi e il sole, quindi,  s’interpose.

Il sole, a un tratto, apparve a noi striato,
(Madre celeste, donaci il tuo aiuto!)
Come se il sol, con la sua accesa faccia,
guardasse  da una grata di prigione.

Ahimè! ( pensavo e il cor alto batteva)
come velocemente s’avvicina!
Son le sue vele che or brillano al sole
come  esili, agitate ragnatele?

Son quelle le sue coste  da cui il sole
guardò, come da dietro ad una grata?
E quella donna è tutto il suo equipaggio?
Quella è la Morte? E ve ne sono due?
O è la Morte  compagna della donna?

Le sue labbra eran rosse, il guardo franco.
I suoi capelli gialli come l’oro:
la  pelle, però, bianca, di lebbroso,
incubo, terrore, Vita-in- Morte
quella era , che dell’uom congela il sangue.

Passò accanto a noi quella carcassa,
Stavan giocando a dadi quelle due:
“il gioco è fatto, ho vinto, ho vinto io!
diss’ella ” e poi fischiò per ben tre volte.
Scompare il sole, già escon  le stelle:
all’improvviso intorno si fa  buio.
Con un lontano mormorio sul mare,
quella spettrale nave dileguò.

Udivamo e di sbieco guardavamo!
Il terror  nel mio cuor sugger sembrava
il mio sangue vital, come da coppa!
Fievole  eran le stelle, notte fitta,
del timoniere  si scorgea il pallore
del viso, alla luce di lanterna.
Dalle vele rugiada gocciolava,
finchè la luna corneggiante  apparve
proprio sulla linea orientale,
che, quasi al centro, avea fulgida  stella.

L’un dopo l’altro, sotto stelle  e luna,
senza neppure udir pianti o sospiri,
ogni marinäio, il proprio viso
volse  verso di me in grande angoscia,
e poi con gli occhi, ahimè, mi maledisse.

Duecento uomini vivi ( senza udire
né gemiti o sospiri), con un tonfo,
qual massa  senza vita, ad uno, ad uno,
caddero  giù, sul freddo  pavimento.

Dai loro corpi l’anima volò,
alla  grazia volò o alla condanna!
E ciascun’alma mi passò daccanto,
come il sibilo della mia balestra.

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