Tortuga



L'isla de la Tortuga, o più semplicemente Tortuga, è un'isola divenuta famosa nell'immaginario collettivo in quanto legata alle vicende dei pirati.
La Tortuga si trova a nord dell'isola di Hispaniola ed è separata da questa dal canale della Tortuga. Il suo territorio, prevalentemente montagnoso e roccioso, appartiene allo stato di Haiti. Fu una delle prime isole scoperte da Cristoforo Colombo, il quale la battezzò isla de la Tortuga per la sua somiglianza ad una tartaruga.

La pirateria comparirà sull'isola intorno alla metà del Seicento. Dal 1640 i bucanieri della Tortuga divennero noti come "Fratelli della Costa" ed erano per la maggior parte francesi e inglesi, con un piccolo gruppo di olandesi. La Francia dovrà attendere il 1659 per prendere definitivamente possesso dell'isola, grazie anche alla strenua resistenza dei pirati locali. Tra questi, ricordiamo il filibustiere Henri de Fontenay.
Intorno al 1670, il corsaro inglese Henry Morgan cercò di organizzare i pirati dell'isola. Indisse un'assemblea, che si tenne a Tortuga  il 24 ottobre 1670 a Tortuga. In quella occasione fu deciso di assaltare Panama. Furono poi ingaggiati dai francesi al fine di avere un maggior controllo sulla regione caraibica, ma de facto la Tortuga rimase sembre abbastanza indipendente e perciò fu un covo ideale dei bucanieri.
Nel 1697, guidati dal governatore francese Jean-Baptiste Du Casse, un migliaio di filibustieri e bucanieri provenienti dalla Tortuga e dalla vicina Saint-Domingue parteciparono alla presa di Cartagena, a tutt'oggi considerato il saccheggio più fruttuoso della storia della marina francese.
La pace di Utrecht del 1713 vide, infine, una coalizione delle potenze europee contro la pirateria, sancendo la fine dell'epoca dei filibustieri nei Caraibi.

Perché il mare fa bene



Oggi vi posto un breve articolo, tratto da Lifegate, in cui si parla dei benefici che il mare arreca al corpo e, perché no, anche allo spirito dell'essere umano.
Buona lettura!

Il colore blu
Secondo uno studio dell’Università della British Columbia, che tra 2007 e 2008 ha analizzato gli effetti dei colori rosso e blu su un campione di 600 persone, proprio il colore associato all’oceano e al cielo e quindi a spazi molto aperti e a vasti orizzonti infonderebbe un maggior senso di calma e tranquillità. Proprio quello che serve dopo un anno di stress!

Il particolare bioclima
Esiste una branca della medicina, detta climatoterapia, che studia i diversi bioclimi e gli effetti che gli stessi hanno sugli esseri umani. Secondo le ricerche dell’Università Statale di Milano, per esempio, il bioclima oceanico o di scoglio, con la sua ventilazione accentuata e la radiazione ultravioletta intensa tutto l’anno, risulta particolarmente stimolante e utile per le vie respiratorie (ma non va bene per chi soffre per esempio di cefalee muscolo tensive); il bioclima di spiaggia degradante è invece sedativo, calmante, utile per ristabilirsi da patologie di diversa natura, tra cui infarti, allergie stagionali e addirittura nevrosi depressive.

Le onde
Il rumore del mare, si sa, è terapeutico. Secondo William Dorfman, professore di psicologia alla Nova Southeastern University, una “colonna sonora” costituita dal rumore delle onde che si infrangono sul bagnasciuga rilassa il cervello ed equilibra i livelli di sostanze chimiche benefiche nel nostro organismo, come serotonina e dopamina.

La connessione con la Terra
Camminare a piedi nudi sulla spiaggia ci riconnette immediatamente alla Terra, alle radici. I piedi, inoltre, sono una delle parti del corpo maggiormente irrorate da terminazioni nervose: per questo le lunghe camminate sulla sabbia possono costituire un massaggio che, partendo dalle nostre estremità, garantisce un effetto benefico a tutto l’organismo.

La luce del sole
L’esposizione alla luce solare, purché la pelle sia adeguatamente protetta, è molto benefica per l’organismo umano: favorisce lo sviluppo di vitamina D che aiuta le ossa nell’assorbimento del calcio, indispensabile soprattutto in età matura.

Non possiamo sottovalutare, infine, il richiamo ancestrale dell’acqua. La psicologia e anche le tradizioni mitologiche di diverse parti del mondo la considerano da sempre come uno dei simboli più importanti e più potenti per l’essere umano: il suo significato ha legami con l’inconscio, è collegata all’origine stessa dell’esistenza e al ciclo vita-morte. Diverse religioni le attribuiscono un significato rituale. Del resto, non poteva essere diversamente per gli abitanti del “pianeta blu”.

Corto Maltese, Teste e funghi (cartone animato)

Terzo appuntamento con i cartoni animati di Corto Maltese, realizzati dalla RAI nel 2002. Qui abbiamo "Teste e funghi", adattamento degli albi a fumetti:
  • Teste e funghi
  • La conga delle banane
  • Concerto in O' minore per arpa e nitroglicerina

Buona visione, gentiluomini (e gentildonne) di fortuna!


La differenza tra Virata e Strambata

Se vi è capitato di seguire qualche regata velica alla tv, magari tifando per Azzurra, il Moro di Venezia, Luna Rossa o Mascalzone Latino, avrete certamente sentito più volte questi due termini: virare e strambare.
Effettuare una virata, o una strambata, significa semplicemente cambiare la direzione dell'imbarcazione passando con la prua, o con la poppa, nel vento. Proviamo a vedere nel dettaglio:

Virata
La virata è la manovra di cambio di direzione che si effettua portando la prua in direzione del vento. Usando termini tecnici, diremo che la virata è il cambio di mure che si ottiene attraversando il vento con la prua. In pratica, se il vento batte sul fianco destro della barca (quindi stiamo procedendo mure a dritta) e vogliamo cambiare direzione con una virata, cominceremo a "stringere l'angolo di bolina", ovvero andremo di bolina, poi controvento, poi il boma ci passerà sulla testa (perché la vela prenderà il vento dalla direzione opposta, ovvero da sinistra) e poi torneremo di bolina ma con le mure a sinistra, perché adesso il vento colpirà prima la parte sinistra della nostra barca.



Strambata
Detta anche "Abbattuta", la strambata è la manovra di cambio di direzione che si effettua portando la poppa in direzione del vento. Usando termini tecnici, diremo che la strambata è il cambio di mure che si ottiene attraversando il vento con la poppa. Nell'esempio che segue, immaginiamo che il vento batta sulla sinistra della nostra imbarcazione (quindi stiamo procedendo mure a sinistra). Decidiamo di cambiare mure, ovvero di cambiare direzione, con una strambata. Passeremo all'andatura del lasco, poi di poppa, poi il boma passerà violentemente sulle nostre teste (perché la vela prenderà il vento dalla direzione opposta, ovvero da destra), poi di nuovo lasco e infine traverso, con il vento che adesso colpirà prima la parte destra della nostra barca (quindi staremo procedendo mure a dritta)






La democrazia dei pirati



E' incredibile a dirsi, eppure era così: i pirati che terrorizzavano navi, marinai e città costiere, realizzarono a bordo delle loro navi un sistema di governo realmente democratico. E misero in piedi persino una sorta di ente di previdenza ed assistenza per i malati ed i mutilati. 
A darcene testimonianza tra i primi fu il "Giornale di bordo" del chirurgo francese A.O. Exquemelin, pubblicato nel 1978. Exquemelin fece parte di un equipaggio di pirati e, poiché sapeva leggere e scrivere, annotò sul suo diario dettagli, riti e caratteristiche della vita piratesca.
Afferma Exquemelin che i pirati accettavano di buon grado le regole e che il capitano veniva scelto dall’equipaggio attraverso una votazione in cui tutti contavano lo stesso: il quartiermastro come il mozzo, il primo ufficiale come l'ultimo marinaio. Addirittura, lo stesso equipaggio poteva destituire il capitano se riteneva che fosse inadatto al comando: a seguito di una votazione, poteva fornire al capitano "la macchia nera", un simbolo di sfiducia dell'equipaggio verso il proprio capitano, il quale veniva messo da parte e poteva (in alcuni casi, doveva) lasciare la nave.
Per quanto riguarda "la cassa mutua", ai feriti ed ai mutilati veniva data una cospicua ricompensa in "pezzi da otto": i Real da 8 erano monete d'argento del valore di otto reales spagnoli. I proventi delle razzie erano divisi in parti uguali: a volte, però, poteva capitare che al capitano o ad altri ufficiali fosse riservata una parte superiore a una unità, ma comunque il tutto veniva stabilito prima. 

Lo scrittore Marcus Rediker, nel suo libro Villains of All Nations: Atlantic Pirates in the Golden Age evidenzia che la vita a bordo delle navi commerciali era terribilmente dura che molti marinai si ammutinavano preferendo i rischi di una vita "breve, ma felice", come era il motto di Bartholomew Roberts, uno dei più grandi capitani pirata di tutti i tempi, conosciuto col nome di Black Bart.
Chi aveva conosciuto la brutalità dei capitani "regolari", sapeva bene che l’unica alternativa valida era un sistema di regole fondate non sulla coercizione, ma sulla condivisione e sull'uguaglianza di ciascun membro dell’equipaggio. 
Sulle navi dei pirati e tra i "fratelli della costa" le cose funzionavano così: era l’istinto di libertà dei pirati, la loro tolleranza verso uomini di altra etnia o religione, tanto che Defoe paragonò la ribellione dei pirati a quella degli schiavi guidati da Spartaco, nell'Antica Roma.

La leggenda di Colapesce



Cola o Nicola è di Messina ed è figlio di un pescatore di Punta Faro. Cola ha la grande passione per il mare. Amante anche dei pesci, ributta in mare tutti quelli che il padre pesca in modo da permettere loro di vivere. Maledetto dalla madre esasperata dal suo comportamento, Cola si trasforma in pesce. Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di più in mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che riesce a nuotare molto bene. Fu nominato palombaro dal capitano di Messina. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere e sperimentarne le capacità. Al loro incontro, il Re getta una coppa d’oro in mare e chiede al ragazzo di riportargliela. Al ritorno Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli regala la coppa. Il Re decide di buttare in mare la sua corona ed il ragazzo impiega due giorni e due notti per trovarla. Al suo ritorno egli racconta al Re d’aver visto che la Sicilia poggia su tre colonne, una solidissima, la seconda danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosità del Re aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere al ragazzo di riportarglielo. Colapesce è titubante, ma decide ugualmente di buttarsi in acqua dicendo alle persone che avessero visto risalire a galla delle lenticchie e l’anello, lui non sarebbe più risalito. Dopo diversi giorni le lenticchie e l’anello che bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re capì che il fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa.

Fonte: qui

Federico Garcia Lorca, Ballata dell’acqua del mare



Vi propongo oggi una bellissima poesia di Federico Garcia Lorca, pubblicata nel Libro de poemas del 1919:

Il mare
sorride in lontananza.
Denti di spuma,
labbra di cielo.

Cosa vendi, fosca fanciulla,
con i seni al vento?
Vendo, signore, l’acqua
dei mari.

Che cos’hai, giovane negro,
mescolato al sangue?
Porto, signore,
l’acqua dei mari.

Queste lagrime salmastre,
da dove vengono, madre?
Piango, signore,
l’acqua dei mari.

Cuore, e questa amarezza
profonda, da dove nasce?
Quanto è amara l’acqua
dei mari!

Il mare
sorride in lontananza.
Denti di spuma,
labbra di cielo.

Le Sirene



Mentre tante divinità inferiori del mare, create in parte dalla fantasia dei nostri padri antichi, sono dimenticate dal popolo, che non sa più dire cosa alcuna delle Oceanidi belle e delle figlie gentili di Nereo, il ricordo delle sirene è indimenticabile fra gli abitanti di molte spiagge nostre meridionali; e si potrebbe affermare che fra le leggende marinaresche quelle che dicono del fortissimo nuotatore ColaPesce e delle sirene siano le più popolari in certe regioni d'Italia. 
E forse quando i pescatori di Napoli, della Calabria e della Sicilia vanno di notte sul mare nelle barchette brune, e dicono la canzone dell'amore o quella del dolore, il suon dell'arpe d'oro si accompagna al loro canto col mormorio delle onde; bianche figure splendenti si mostrano sull'acqua che trema, ed al pari dei loro padri antichi essi odono altri canti armoniosi che promettono l'amore e la felicità.
Le sirene non si dilettarono solo nel trarre a perdizione i marinai colle promesse ingannevoli e con l’armonia delle voci divine; ma spesso presero parte ad azioni diverse che si svolgono in molte leggende e novelline popolari.
In uno dei racconti più antichi del mondo, che forse dilettò parecchi Faraoni egiziani, si narrano le strane avventure del Principe Predestinato; sulle nostre spiagge del mare Jonio si dice invece, in una leggenda marinaresca, del Principe Nato e non veduto, vittima delle sirene.

Questa leggenda così diversa nella conclusione da quella del Principe Predestinato, figlio di qualche antico Faraone, che giunge a trionfare del fato, il quale lo vuole ucciso da un serpente, da un coccodrillo o da un cane, è assai notevole, perché avviene di trovare in essa una strana confusione delle sirene colle fate e colle streghe, che hanno facoltà di mutarsi in gatti, secondo le credenze popolari di molte genti.
Fra le leggende popolari che dilettano i Lapponi a tanta distanza dal nostro cielo azzurro e dall'incanto delle nostre marine, ritrovai con qualche variante la leggenda calabrese di Bíancofíore e quella della bella fanciulla di terra d'Otranto sposata dal re; e forse quando le donne dei nostri pescatori, riunite nelle casette presso le spiagge o sedute sull'arena al bel sole d'Italia, raccontano ai figlioletti le avventure delle fanciulle raccolte in mare dalle sirene, altre donne verso il Polo ripetono in lingua tanto diversa, nelle capanne coperte di ghiaccio e sulle sponde desolate dell'Oceano glaciale lo stesso racconto, in cui la strana figura di Attjis-ene, malvagia donna del mare, fa le veci delle nostre sirene. In questa leggenda dei Lapponi la fanciulla si muta in anitra e questa è una variante della nostra leggenda calabrese sullo stesso argomento, in cui le oche scoprono l'inganno allo sposo di Biancofiore.
Secondo certe tradizioni siciliane note nella contea di Modica, la sirena non ha la solita perfidia, e pare che si assomigli alquanto a certe nordiche figure di sirene, che avvertono i marinai dei pericoli ai quali vanno incontro. Questa sirena siciliana vive nel fondo del mare, in una grotta di brillanti, di perle e di calamita, e solo una volta all'anno lascia la sua splendida dimora, quando ricorre la festa di San Paolo, dal 24 al 25 gennaio.
Ella s'avvicina alla spiaggia e si dà a cantare tutta la notte, profetizzando di avvenimenti che succederanno entro l'anno, e predicendo l'avvenire a coloro che l'ascoltano. 
Pare che vi sia a questo proposito una certa somiglianza fra la sirena siciliana e una ninfa o sirena dell'Edda scandinava, conosciuta certamente dai Normanni, che si chiamava Skulda e prediceva l'avvenire, mentre una sua compagna, Urda, conosceva il passato e Veranda il presente. Anche Glauco, secondo la credenza dei Greci, dopo aver mangiato l'erba che lo fece compagno degli altri dei del mare, appariva una volta all'anno sulle coste profetizzando.
La sirena di Modica fa pure sentire il suo canto quando nasce un bambino sventurato, o, secondo altre canzoni, è molto perfida, ride quando uccide, e per combattere contro di essa bisogna aver molta forza e grande coraggio.
Certe leggende siciliane dicono che la sirena abita nel Faro di Messina. Altri narra che due sirene bellissime e perfide chiamate Scilla e Cariddi dimoravano nel Faro e traevano le navi a perdizione. 
Un gigante affermò che le avrebbe prese entrambe; si fece legare ad una fune, si gettò nel mare, giunse al fondo, afferrò le malefiche sirene che portò a terra e consegnò al popolo.

Non sappiamo se queste perfide figlie del mare, trasformazioni di mostri orribili, che atterrivano gli antichi marinai del Mediterraneo, venissero uccise sulla spiaggia, ma è certo che le sirene, potevano non solo essere mutate in rupi, ma anche morire, poiché Partenope mori e fu sepolta, ed anche la bella ninfa o sirena Amalfi fu sepolta sopra una spiaggia alla quale dette il suo nome.

fonte: qui

Pirateria: bucanieri, filibustieri e corsari



Col generico termine di "pirati" sono spesso stati accomunati uomini di mare tra loro molto diversi. I bucanieri, i filibustieri, i corsari... tutti sono stati chiamati pirati. Ma vediamo nel particolare similitudini e differenze tra queste figure:

Bucaniere
Termine che deriva dal francese Boucanier e indicava i cacciatori di frodo che affumicavano la carne su una graticola di legno. Da questo metodo di cottura, chiamato barbicoa,  deriva il termine barbecue, arrivato fino ai giorni nostri.
I bucanieri, detti anche "fratelli della costa", provenivano in genere dall'Inghilterra, dai Paesi Bassi e dalla Francia. Le loro basi nei Caraibi erano Hispaniola, Tortuga e Port Royal. Vittime dei loro saccheggi erano soprattutto le navi francesi, spagnole e olandesi.
Tra i bucanieri più celebri, di cui parleremo prossimamente su questo blog, ricordiamo: Jacques Jean David Nau detto l'Olonese, il gallese Henry Morgan, Bartolomeu il Portoghese, Alexander Braccio di Ferro e il francese Montambars lo Sterminatore, Ravenau de Lussan, Roc Brasiliano. Fu bucaniere persino una delle donne più famose della storia della pirateria: Jacquotte Delahaye, detta "Back From the Dead Red", La Rossa ritornata dalla Morte.

Filibustiere
La Filibusta era un'associazione di corsari e pirati (detti, appunto, filibustieri), venuti dalla Francia, Inghilterra e Paesi Bassi, che attaccavano città, navi e possedimenti spagnoli nella zona compresa tra il Golfo del Messico e il Mar dei Caraibi.
Il termine Filibustiere deriva dai bucanieri inglesi che venivano chiamati freebooters, cioè "saccheggiatori": "free", libero e "booty", bottino; quindi "colui che fa liberamente bottino".
Qual è la differenza tra un bucaniere e un filibustiere? Volendo semplificare, diremo che i bucanieri erano i pirati dell'entroterra, mentre i filibustieri erano i pirati del Mar dei Caraibi. Questa distinzione, col passare degli anni, perse ragion d'essere, tanto è vero che, ad esempio, l'Olonese e Henry Morgan furono sia bucanieri che filibustieri.

Corsaro
Volendo forzare la mano, potremmo dire che i corsari erano dei "pirati legali". Questa contraddizione in termini è dovuta al fatto che i corsari erano marinai al servizio del governo di uno stato, cui cedeva parte degli utili, ottenendo in cambio lo status di combattente (lettera di corsa) per quello stato e la bandiera (il che lo autorizzava a rapinare solo navi mercantili nemiche e a uccidere persone, ma solo in combattimento). Erano, in pratica, dei mercenari di mare assoldati dagli stati. Anche se compivano atti illegali (furti, rapine, omicidi), lo facevano comunque sotto una legittimazione legale, ovvero la lettera di corsa che era consegnata al loro armatore (o capitano) dal governo di uno stato.
La lettera di corsa era un documento, firmato da un sovrano, che concedeva al proprietario di un mercantile il diritto, nel caso in cui la nave o il carico andassero rubati o distrutti, di reagire attaccando a sua volta il nemico per rifarsi delle perdite. Ben presto, però, non fu più necessario attendere di perdere il proprio carico per assaltare i mercantili battenti una bandiera nemica...
Tra i corsari più famosi ricordiamo:  Francis Drake, Amaro Pargo, Robert Surcouf, René Duguay-Trouin,  Khayr al-Din Barbarossa, e l'italiano Giuseppe Bavastro.

Le andature della barca a vela

Certamente vi è capitato, soprattutto negli anni in cui la televisione ha cominciato a trasmettere le gare di Coppa America di vela, di ascoltare i telecronisti parlare di "bolina", oppure di "poppa".
Quei telecronisti parlavano delle andature della vela, ovvero dei diversi modi di avanzare che un'imbarcazione a vela assume rispetto alla direzione del vento.

0: controvento
1a: bolina stretta
1b e 1c: bolina larga
2: traverso
3: lasco
4 e 5: gran lasco
6: poppa

Grazie alla deriva, cioè a un'appendice simile ad un'ala collocata perpendicolarmente nella parte più bassa dello scafo di una barca a vela, è possibile risalire il vento, ovvero condurre l'imbarcazione anche in direzione opposta al vento. Se non ci fosse la deriva, la barca andrebbe dove la porta il vento.

Andatura contro il vento
Se vogliamo risalire il vento, ovvero procedere con la nostra prua in direzione opposta a quella del vento, allora useremo l'andatura di bolina, che si divide in:
bolina stretta,  (40 - 45 gradi al vento reale)
bolina larga (45 - 55 gradi al vento reale)
Con l'andatura di bolina non si usa lo spinnaker. In caso di bolina stretta, bisogna stare molto attenti col timone a non ritrovarsi all'improvviso con la prua al vento, ovvero controvento e quindi fermi.

Andatura di traverso
Se procediamo in maniera perpendicolare al vento (90 gradi), allora staremo procedendo di traverso o mezza nave. Da questa andatura, per cambiare direzione, si può utilizzare indifferentemente la virata o la strambata (che vedremo prossimamente). Col traverso, e anche col lasco, è possibile utilizzare la vela gennaker per aumentare la velocità della barca.

Andature portanti
Le andature più veloci sono, naturalmente, quelle col vento a favore, ovvero quelle con la prua in direzione del vento. In genere sono tre:
lasco, quando il vento viene dalla parte posteriore della fiancata (detta murata) sopravento (cioè su cui batte il vento);
gran lasco, quando il vento viene all'incirca dall'angolo tra la murata sopravento e la poppa della barca;
poppa, detta anche a fil di ruota, quando il vento viene dalla poppa della barca e il boma è perpendicolare all'asse prua-poppa.
Con le andature portanti, soprattutto gran lasco e poppa, è consigliato anche l'utilizzo dello spinnaker per aumentare la velocità.




Sea Shepherd



Anni fa, tra uno zapping televisivo e l'altro, capitai sul canale Animal Planet e vidi un programma, Whale Wars. Mi bastarono pochi minuti per appassionarmi. In pratica era una documentario su una associazione ambientalista, Sea Sheperd, che contrastava le operazioni illegali delle baleniere giapponesi, ufficialmente impegnate a cacciare le balene "per scopi scientifici", in realtà per motivi meramente economici.
Così ho conosciuto Sea Sheperd, associazione a cui destino il mio 5 per mille ormai da anni e con cui collaborerei più spesso, se avessi tempo e modo per imbarcarmi su una delle sue navi. Purtroppo gli imbarchi non durano mai meno di un mese... e io un mese in mare, tra impegni familiari e lavorativi, non me lo posso permettere.
Cos'è Sea Sheperd? Facciamolo dire direttamente a loro, dal sito della sezione italiana:
"Costituita nel 1977, Sea Shepherd Conservation Society (SSCS) è un'organizzazione internazionale senza fini di lucro la cui missione é quella di fermare la distruzione dell'habitat naturale e il massacro delle specie selvatiche negli oceani del mondo intero al fine di conservare e proteggere l'ecosistema e le differenti specie.
Sea Shepherd pratica la tattica dell'azione diretta per investigare, documentare e agire quando è necessario mostrare al mondo e impedire le attività illegali in alto mare.
Salvaguardando la delicata biodiversità degli ecosistemi oceanici, Sea Shepherd opera per assicurarne la sopravvivenza per le generazioni future.
Il Capitano Paul Watson, fondatore e attuale presidente dell'associazione, è un famoso e rispettato leader nelle questioni ambientaliste."


Paul Watson è stato prima un militante di Greenpeace, da cui è uscito nel 1977 a seguito di profonde divergenti riguardanti le modalità di azione e la gestione dell'associazione. Watson è sempre stato fautore dell'azione diretta: si va in mare e si ostacola con ogni mezzo le attività che minano la flora e la fauna ittica. "Con ogni mezzo" non significa sparando o lanciando bombe, ma semplicemente significa usare la forza: bloccare le eliche con le funi, tagliare le reti da pesca industriale, lanciare l'acido butirrico (prodotto innocuo ma dall'odore nauseabondo), speronare e affondare le navi. Sea Sheperd si vanta, giustamente, di non aver mai usato "la violenza", ma solo "la forza": in tutti questi anni, infatti, nessun avversario di Sea Sheperd è stato ferito in azione, e il programma Whale Wars testimonia proprio che i militanti di Sea Sheperd sono spessi oggetto di atti violenti (tra cui persino colpi di arma da fuoco) e mai autori.
Uscito da Greenpeace, Watson ha fondato la Sea Sheperd Conservation society, il cui motto è "Defend, Conserve, Protect". Chi vuole militare in Sea Sheperd, può farlo in due modi: 
  • come membro dell'Equipaggio di Terra, che organizza punti informativi, tiene conferenze o serate di proiezione, organizza regate o manifestazioni sportive, proteste e volantinaggi, raccoglie fondi;
  • come membro dell'Equipaggio a Bordo, su una delle navi della Neptun's Navy, la flotta di Nettuno.
A bordo delle navi di Sea Sheperd la vita è dura. Come dicono loro:

Cosa offriamo:
Nessuna retribuzione, lunghe ore di duro lavoro, condizioni pericolose, condizioni meteorologiche estreme.
Cosa garantiamo:
Avventura, realizzazione, il lavoro più duro che tu possa mai amare. L'esperienza di una vita.
Vitto e alloggio:
Sea Shepherd fornisce una cuccetta a castello, coperte, cibo e acqua.
Attenzione:
Si astengano piagnucoloni, scontenti, gli amanti del materasso e i fifoni.


Il mare come medicina



Mi è stato consigliato il seguente breve articolo, tratto da SiViaggia.it, che voglio condividere con voi. Anche io penso profondamente che il mare abbia effetti curativi sul corpo e, soprattutto, sull'anima delle persone. Il mare è una medicina, tra le più naturali che esistano. Anche per questo, va tutelato.

"Partite per una vacanza al mare. Grazie alla salsedine, allo iodio, all’aria salsoiodica, il mare può rappresentare una vera e propria cura per molte malattie.
A trarre beneficio da un soggiorno in riva al mare, oltre agli effetti piscologici, sono almeno 16 malattie, dalle allergie respiratorie alle anemie, dall’artrosi alla depressione, ma anche distorsioni, fratture, ipotiroidismo, malattie ginecologiche, reumatiche, psoriasi e rachitismo.
Ecco alcuni dei principali benefici apportati dal mare:
Migliora il respiro: l’aria vicina alla costa contiene una quantità più elevata di sali minerali. Cloruro di sodio e di magnesio, iodio, calcio, potassio, bromo e silicio provengono dalle onde che si rompono sulla riva e dagli spruzzi di acqua marina sollevati dal vento. I primi a beneficiarne sono i polmoni: la respirazione migliora sensibilmente fin dai primi giorni. Una sorta di aerosol marino.
Combatte la ritenzione idrica: nell’acqua marina c’è una notevole concentrazione di sali minerali e ciò, per osmosi, favorisce l’eliminazione, attraverso la pelle, dei liquidi accumulati nei tessuti.
Combatte i chili di troppo: il sale stimola le terminazioni nervose dell’epidermide e, come conseguenza, accelera il metabolismo così il corpo brucia più velocemente i grassi.
Rinforza il sistema circolatorio: per merito della pressione che l’acqua esercita mentre si è immersi, della temperatura e del moto ondoso, che pratica un massaggio su tutto il corpo, la circolazione viene riattivata naturalmente.
Migliora il tono muscolare: il nuoto rilassa i muscoli, scioglie le contratture e regala mobilità alle articolazioni bloccate da artrite e artrosi.
Aiuta i reni: l’acqua del mare aiuta intestino e reni, depurando così tutto l’organismo."

Corto Maltese, Tropico del capricorno (cartone animato)

Dopo Una ballata del mare salato, ecco il secondo cartone animato realizzato dalla RAI nel 2002 sulle vicende di Corto Maltese. Qui abbiamo Tropico del Capricorno, adattamento degli albi a fumetti del ciclo "Sotto il segno del capricorno", ovvero:

  • Il segreto di Tristan Bantam
  • Appuntamento a Bahia
  • Samba con Tiro-Fisso
  • Un'aquila nella giungla
  • ...E riparleremo di gentiluomini di fortuna
Buona visione, gentiluomini (e gentildonne) di fortuna!



La leggenda dell'Olandese Volante



Capo di Buona Speranza. Tempesta. Venti fortissimi. Onde alte come palazzi. Un capitano olandese, tale Willem Van der Decken, vuole comunque attraversare la tempesta e doppiare il Capo. Per questo è pronto a tutto, anche a stringere un patto col diavolo. Invoca il nome del Maligno e gli promette la propria anima, pur di superare la tempesta. Ma il vascello si spezza in due tronconi e affonda, trascinando con sé il capitano e l'intero equipaggio. La Morte stessa rifiuta l'anima di Van der Decken, che, da solo, si mette al timone del relitto del vascello avvolto in una spettrale e funerea bruma e comincia a navigare in eterno.

Questa è solo una delle tante versione della "Leggenda dell'Olandese Volante".
L’Olandese Volante è probabilmente la più famosa nave fantasma della storia. Di presunte navi fantasma che avrebbero solcato o solcherebbero ancora i sette mari ce ne sono a centinaia; l'Olandese Volante, però, si porta dietro resoconti scritti e persino la testimonianza di un sovrano, re Giorgio V. Ancora oggi c’è chi dice di aver intravisto il relitto dell'Olandese Volante navigare lungo le coste del Capo di Buona Speranza.
Un'altra versione della leggenda narra del capitano olandese Barent Fokke e del suo vascello, il Libera Nos. Mentrea le altre navi impiegavano oltre 6 mesi a raggiungere l’isola di Giava dall’Olanda, la Libera Nos ci riusciva in soli 90 giorni. I marinai a servizio di Fokke mormoravano di un patto con il diavolo stretto dal capitano, patto che gli permetteva di procedere a vele spiegante anche in mezzo alle tempeste. Il patto stretto con il maligno esigeva come contropartita la sua anima e fu così che, dopo 50 anni di viaggi per mare, la Libera Nos affondò per risorgere come nave fantasma. Al timone, l’anima dannata di Fokke, costretta a navigare in eterno sui Sette Mari fino alla fine dei tempi. Da quel giorno chiunque incontri il relitto dell’Olandese Volante si fa il segno della croce perché sa bene che su di esso c’è una ciurma di dannati e la vista del vascello porta sfortuna a chi naviga.

Fino a qui, nulla di strano. Leggenda affascinante, ma come tante altre. La cosa particolare è che gli avvistamenti dell'Olandese Volante sarebbero continuati, persino nel Novecento: nel 1943 venne avvistato a est di Suez e l’ammiraglio Karl Donitz scrisse sul diario di bordo che, dopo quella visione terrificante, i suoi uomini dicevano di preferire lo scontro diretto con una nave nemica piuttosto che dover avere un secondo incontro con la nave fantasma.

Sul sito Paranormale.com si parla di altri due avvistamenti "recenti":
Il 29 febbraio 1857 i marinai della nave Joseph Somers solcavano il mare al largo di Tristan da Cunha (nell’Atlantico meridionale) in una giornata particolarmente nebbiosa. Tutti furono testimoni di una nave dallo scafo nero che apparve dal banco di nebbia a prua e a vele spiegate tagliò la scia della loro nave. Nel passare a distanza ravvicinata il capitano e l’equipaggio videro chiaramente il comandante del vascello fantasma al timone, con gli occhi come carboni ardenti e una lunga capigliatura grigia svolazzante al vento. Quel giorno la stiva della Joseph Somers prese fuoco e tra le fiamme e la confusione i marinai udirono distintamente una risata spettrale attraverso la nebbia mentre il vascello spariva alla loro vista.
L’11 luglio del 1881 la nave Bacchante della marina reale inglese era in missione a largo del Sudafrica. Dal giornale di bordo del capitano risulta che durante la notte il famigerato vascello fantasma affiorò dalle acque e incrociò la Bacchante a prua. L’Olandese Volante appariva avvolto da un’inquietante luce rossastra che permettevano di vedere chiaramente gli alberi, i pennoni e le vele spiegate. La vedetta svegliò tutto l’equipaggio affinchè vedessero anche loro ciò che vedeva lui: era una nave molto antica, con lo scavo in più punti sfondato e per questo era impossibile che galleggiasse ancora; al timone non c’era nessuno e nessuno si intravedeva sopra coperta. Era solo un relitto abbandonato ed eroso dal tempo. Incredibilmente la mattina dopo il marinaio di vedetta quella notte venne trovato morto e alcuni giorni dopo anche il comandante morì in seguito ad un malore.

E' stata avanzata persino una spiegazione scientifica sul fenomeno, che incollo da wikipedia:
La nascita della leggenda di una nave fantasma che solca i mari potrebbe essere dovuta ad un fenomeno di illusione ottica. È possibile infatti che essa si riferisca alla rifrazione dei raggi solari dovuta alla diversa temperatura dell'aria che, in prossimità del pelo d'acqua, è più fredda rispetto a quella sovrastante (la stessa cosa accade, ma all'inverso, nelle giornate estive su strade asfaltate o luoghi caldi e assolati): si tratta di un miraggio spesso citato anche con il nome di fata morgana. In queste condizioni un oggetto posto al di là dell'orizzonte può comunque essere visibile, in quanto la rifrazione dovuta all'inversione del gradiente termico fa incurvare verso il basso la traiettoria dei raggi luminosi provenienti da oltre l'orizzonte: in questo modo si vedrebbe infatti la nave fantasma, ossia il riflesso di una nave reale, posta al di là dell'orizzonte di osservazione.
Una leggenda simile a quella dell'Olandese Volante fa parte della tradizione dell'isola cilena di Chiloé: ne è protagonista il Caleuche, una nave fantasma che naviga la notte nei dintorni dell'isola. Altro fantasma dei mari del Sud è "Ladylips", un fantasma apportatore di malasorte che appare nel Pacifico, privo della mascella inferiore, generalmente in un'area compresa tra lo Stretto di Magellano, Capo Horn ed il Canale di Beagle. Si manifesta solo durante violenti temporali, solo, al timone del suo veliero, il "Ville de Paris" (vascello realmente esistito ed andato perduto nel 1782) ed in luoghi inaccessibili ad un essere vivente. È riconoscibile, oltre che per la mascella mancante, anche per il volto bianchissimo, cadaverico, e per il caratteristico odore di pesce morto che sembra accompagnarlo.


Jolly Roger, la bandiera dei pirati



Fin da bambini siamo abituati a notare la bandiera nera che volteggia sui galeoni pirati. Un teschio con due ossa incrociate sotto o dietro. La nostra immagine stereotipata del pirata è questa: spada in una mano, pistola nell'altra, benda su un occhio e un nero Jolly Roger dietro di lui. Si, perché il nome della "bandiera dei pirati" era, ed è tuttora, Jolly Roger. 
L'origine del nome non è certa: una teoria vuole che derivi dal francese "jolie rouge", corrotto nell'anglicizzato "Jolly Roger". Una volta esisteva una serie di "bandiere rosse" che erano ben più temute delle "bandiere nere", in quanto vedere una bandiera rossa infatti significava morte certa poiché il rosso simboleggia il sangue. L'origine delle bandiere rosse è probabilmente legata alla Red Jack che i corsari inglesi usavano verso la fine del Seicento. Quando molti corsari si diedero alla pirateria, alcuni mantennero la bandiera rossa. Siccome la maggior parte dei pirati usavano issare la bandiera nera al posto della bandiera nazionale prima di abbordare un'altra nave, il nome Jolly Roger si trasferì anche alle bandiere nere.
Un'ulteriore teoria, meno accettata ma comunque interessante, è che il nome derivi da "Old Roger", termine inglese usato per indicare il diavolo.

Non esiste UN SOLO Jolly Roger, ma ogni capitano pirata ne aveva uno personalizzato: Calico Jack Rackham, ad esempio, utilizzava questa bandiera:
File:Pirate Flag of Jack Rackham.svg

Barbanera, al secolo Edward Teach, sulla sua nave Queen Anne's Revenge faceva sventolare questa bandiera:

Henry Avery, detto anche Long Avery per la sua altezza, usava sventolare questo jolly roger, di cui esisteva anche la variante rossa:

Stede Bonnet, il "pirata gentiluomo", comprò una nave (mentre gli altri pirati erano soliti rubarla o sequestrarla) a cui diede il nome di "Vendetta". Sulla Vendetta sventolava questo jolly roger:

Era irlandese, ma lo chiamarono England. Edwar England, al secolo Edward Seegar, soleva sventolare il classico Jolly Roger con le tibie incrociate sotto al teschio:
File:Flag of Edward England.svg

Black Bart, soprannome di Bartolomew Roberts, usò addirittura due jolly roger nella sua carriera di pirata. La prima, un uomo armato in piedi su due teschi sopra le lettere ABH e AMH (un avviso per gli abitanti di Barbados e Martinica che la morte li attendeva), era questa:

La seconda, con un uomo e uno scheletro danzanti che brindano alla morte ignorando il destino, era questa:

E i pirati di fantasia? Anche loro avevano la loro bandiera, il loro Jolly Roger! Ecco quello del Capitano Flint:
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Splendido anche il jolly roger di Capitan Harlock:
Risultati immagini per jolly roger capitan harlock

Infine, il jolly roger di Jack Sparrow, protagonista della nota saga de "I Pirati dei Caraibi":
Immagine correlata


La Rosa dei Venti

La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il Maestrale
urla e biancheggia il mar...

Quando Carducci scrisse questi celeberrimi versi, la Rosa dei Venti era già conosciutissima da milioni di persone. Secondo la leggenda, furono i marinai maltesi a "crearla", o meglio a nominare i venti in base ai punti da dove provenivano. Ai classici quattro punti (Nord, Est, Sud, Ovest), i marinai maltesi ne aggiunsero altri quattro, quelli "di mezzo": Nord-Est (NE); Sud-Est (SE); Sud-Ovest (SW); e infine Nord-Ovest (NW). Così facendo, la Rosa dei Venti assunse la connotazione attualmente più nota, coi nomi dei venti maggiormente utilizzati anche in meteorologia:



Tramontana
Se siamo a Malta, il vento gelido che passa tra i monti del Nord e scende verso Sud è la Tramontana. Essa può presentarsi sia con cielo sereno, sia con cielo particolarmente nuvoloso. In quest'ultimo caso si parla di "tramontana scura" e spesso origina copiose piogge. Il detto ligure "tramuntan-na scüa, ægua següa" ("tramontana scura, pioggia sicura") deriverebbe proprio da questa tradizione. Secondo altre fonti, il termine Tramontana deriverebbe dal paese di Tramonti, a nord della repubblica marinara di Amalfi, da cui spirava questo gelido vento. In tutti i casi, comunque, la locuzione "perdere la tramontana" significa smarrirsi, perdere l'orientamento.

Grecale
A Nord-Est dell'isola di Malta c'è la Grecia. Per questo motivo, il vento che proviene da NE è chiamato Grecale. Freddo e secco in inverno, brezza tiepida in estate, questo vento era chiamato da Dante Alighiera Schiavo, forse perché proveniva dall'area istro-dalmata sotto il controllo della Repubblica di Venezia, che veniva chiamata appunto Schiavonia.

Levante
Da dove si leva il Sole? Da Est! Ragion per cui, il vento proveniente da Est si chiama Levante. È un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni. Sopra la Baia e la Rocca di Gibilterra causa particolari formazioni nuvolose che generano mare agitato e trombe marine. Il Levante soffia molto spesso fra luglio e ottobre. D'inverno, è spesso accompagnato da piogge forti.

Scirocco
Pare che i Maltesi abbiano "scopiazzato" il nome scirocco, coniato originariamente dai marinai di Zante, l'isola greca al cui sud-est si trova la Siria, la terra da cui proviene appunto lo Scirocco. Chiamato Jugo in Croazia, Ghibli in Libia e Marin in Francia, questo vento caldo e umido soffia più di frequente in primavera ed autunno raggiungendo un massimo nei mesi di marzo e novembre. Solitamente soffia a terzine: di tre giorni in tre giorni. Quasi mai soffia un giorno solo. Lo scirocco secca l'aria ed alza la polvere sulle coste del Nordafrica, provoca tempeste sul mediterraneo e tempo caldo ed umido sull'Europa. "Quanno chiove scirocco, chiove arena" (Quando piove con lo scirocco, piove sabbia), dicevano i pescatori puteolani. 

Ostro
Dal latino Auster (vento australe), Ostro è il nome del vento che spira da sud; per questo motivo, è anche detto Mezzogiorno. E' un vento caldo e umido portatore di piogge, talvolta confuso con lo Scirocco.

Libeccio
Se siamo a Malta e guardiamo verso Sud-Ovest, incontreremo quel vasto territorio magrebino che una volta era conosciuto col nome di "Libia" e che comprende anche Tunisia e Algeria. Ragion per cui, il vento caldo proveniente da SW viene chiamato Libeccio. In alcune zone dell'Adriatico, viene chiamato Garbino, termine che deriva dall'arabo Gharbī, che significa "occidentale". Anche il Libeccio, come lo Scirocco, porta con sé la polvere: in questo caso, proveniente dal deserto del Sahara. E' probabilmente il vento più caldo che investe il Meridione d'Italia, in particolare nella zona adriatica.

Ponente
Come il Levante è il vento che proviene da dove albeggia il Sole, così il Ponente è il vento proveniente da dove il Sole tramonta. Conosciuto anche coi nomi di Zefiro o Espero, il Ponente è un vento "portafortuna": quando arriva lui, vuol dire che le perturbazioni stanno andando via e sta arrivando il beltempo. Da ciò deriva il proverbio marinaresco: "Ponènte, case di pescator contènte". A Roma e in Toscana, quel venticello ristoratore che spira nelle caldi estati è detto Ponentino.

Maestrale
Se siamo a Malta e guardiamo verso Nord-Ovest, il nostro ipotetico sguardo raggiungerà Roma, Magistra Mundi, la Maestra del Mondo. Da ciò deriverebbe il nome Maestrale. Questo vento freddo si genera quando correnti di aria polare o artica irrompono nel Mar Mediterraneo occidentale dalle coste della Provenza. I periodi di Maestrale hanno una durata molto variabile, da meno di 24 ore a fino 4-5 giorni di seguito. Questi lunghi periodi ventosi portano spesso i mari alla tempesta, con violente mareggiate sulle coste occidentali e settentrionali della Sardegna e tirreniche della Calabria e della Sicilia.

Capo Horn e l'orecchino d'oro



Oggi raccontiamo la storia di un promontorio leggendario e di una antica tradizione, sopravvissuta alle modernità dei tempi e tuttora in auge. Si tratta di Capo Horn, il lembo di terra che separa l'Atlantico e il Pacifico nel punto più a sud del continente americano. E di un orecchino d'oro.
In terra cilena, Capo Horn (55°58’28” Sud 67°16’20” Ovest) è uno sperone di roccia che segna la fine della Terra del fuoco, e con essa del continente americano. Si alza al cielo a 424 metri dal suolo dell’isla Hornos, la più occidentale del gruppo delle Hermite.
Capo Horn è diventato presto l'emblema del marinaio leggendario, capace di sfidare le onde impetuose e i gelidi venti di questa zona del pianeta. Chi doppiava Capo Horn dal Pacifico all'Atlantico, lo faceva col vento a favore; chi lo doppiava in senso contrario, lo faceva addirittura coi venti contrari. Una vera impresa, tanto è vero che chi vi riusciva poteva fregiarsi di un orecchino d'oro sul lobo destro (perché Capo Horn sta alla nostra destra se lo doppiamo controvento).
Sulla tradizione dell'orecchino non si è tutti concordi: alcuni cape hornier, cioè coloro che hanno doppiato il capo, lo hanno indossato anche sul lobo sinistro nel caso in cui lo avessero doppiato coi venti a favore, e quindi tenendo Capo Horn sulla sinistra. I cape hornier più puri, invece, ritengono che dell'orecchino possano fregiarsi solo coloro che doppiano il capo controvento, e quindi che il pendaglio possa essere indossato solo al lobo destro. Sempre i puristi ritenevano che il titolo di cap hornier spettasse in realtà solo ai comandanti, detti albatross; ufficiali e marinai erano invece mallyhawk.
Al giorno d'oggi, queste distinzioni tra puristi e non forse hanno perso valore: doppiare Capo Horn è talmente bello, affascinante, faticoso, romantico e, se vogliamo, antimoderno, che anche se lo si supera da Ovest a Est è giusto poter indossare l'orecchino d'oro. L'importante è mantenere la distinzione sul lobo, così da identificare la modalità del doppiaggio.

Ma perché questo dannato Capo Horn è così leggendario?
Sicuramente perché superarlo era davvero difficile e faticoso: in media ci volevano 35-40 giorni, ma il veliero tedesco Susanna nel 1905 ci impiegò 90 giorni. Il nome stesso, Capo Horn, è legato al doppiaggio di questo punto. I primi a superarlo furono nel 1616 il mercante-navigatore Jacob Le Maire (figlio di Isaac, uno dei fondatori della Compagnia olandese delle Indie Occidentali e finanziatore della spedizione) e il capitano Willem Cornelius Schouten. Essi salparono dai Paesi Bassi con due navi: la Hoorn, il nome della città di Schouten, che andrà distrutta, e la Eendracht, con la quale doppiarono lo Scoglio il 29 gennaio 1616. Schouten volle battezzarlo Kaap Hoorn, come la nave perduta e le sue radici. 
Secondo lo storico John Lyman calcola che tra il 1850 e il 1920 avrebbero doppiato il Capo diecimila navi e che 800 non ce l’avrebbero fatta, naufragandovi con un pegno di quasi diecimila anime. Da ciò nacque il nome di Rota de la Muerte, la rotta della morte, per identificare i velieri che dal New England volevano raggiungere la California, scaricare emigranti e merci e caricare oro.


Giovanni Pascoli, Mare



Oggi mi è tornata in mente un'antica poesia del Pascoli, intitolata "Mare". Breve ed emozionante, come una strambata.

M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.

Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.

Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?

Corto Maltese, Una ballata del mare salato (cartone animato)

Nel 2002 una coproduzione italo-francese ha realizzato una serie a cartoni animati di Corto Maltese, basati sulle storie più famose del personaggio di Hugo Pratt. Il primo lavoro è stato il lungometraggio Corte Sconta detta Arcana. In questi episodi ci sono alcune piccole differenze dall'opera originale di Pratt; ciò è dovuto principalmente a ragioni di adattamento del nuovo mezzo (il cartone animato) rispetto a quello originario (il fumetto).
La RAI trasmise questi cartoni animati davvero splendidi, cominciando con "Una ballata del mare salato". Di seguito, il video integrale che ho rintracciato su youtube:


La tradizione dei tatuaggi dispari



Il mondo dei marinai e il mondo dei tatuaggi si sono incrociati oltre tre secoli fa: fu il capitano James Cook ad incontrare sull'isola di Tahiti i primi esseri umani tatuati. In Europa, i tatuaggi non esistevano. I vichinghi e i celti erano soliti dipingersi e marchiarsi varie parti del corpo, ma definirli "tatuaggi" è forse eccessivo. La stessa parola, Tatuaggio, deriva dal tahitiano Tatau (Cook scrisse "tattaw", da cui l'inglese "tattoo"), che indicava il rumore dei bastoncini che venivano usati per bucare la pelle e, successivamente, inoculare il colore.
Dopo James Cook, innumerevoli uomini di mare hanno avuto a che fare col mondo dei tatuaggi. Ben presto, i marinai stessi cominciarono a tatuarsi. Ad esempio, fu proprio grazie ai loro tatuaggi che gli ammutinati del Bounty furono scoperti e condannati. Per non parlare della cosiddetta "Old school" del tatuaggio, che si rifà proprio allo stile e ai colori dei tatuaggi dei marinai di inizio Novecento.
Una delle leggende, anche se sarebbe più corretto parlare di superstizioni, più antiche riguarda il fatto che bisogna sempre avere sul corpo un numero dispari di tatuaggi. Anche questa storia è di derivazione marinaresca: il marinaio che prendeva per la prima volta il mare, si tatuava nel porto di partenza; arrivato a destinazione, si tatuava nel porto d'arrivo; quando poi tornava a casa, si faceva un terzo tatuaggio. Se dopo quel viaggio avesse intrapreso altri viaggi, avrebbe continuato a tatuarsi nel porto di destinazione e poi nel porto di casa, in modo tale che i suoi tatuaggi sarebbero sempre rimasti dispari. Un marinaio morto con un numero pari di tatuaggi sul corpo avrebbe indicato che lo stesso era morto nel tentativo, non riuscito, di tornare a casa. Una morte "maledetta", quindi. Da ciò è nata la tradizione di avere sempre un numero dispari di tatuaggi sul proprio corpo, in modo da scongiurare la possibilità di "perdere la via di casa", consegnandosi ad un destino di eterno errante simile a quello dell'Olandese Volante (della cui leggenda parleremo prossimamente).

Proverbi dei Marinai



Di seguito, un elenco di proverbi marinareschi che, spesso, vanno bene anche per la vita di tutti i giorni:

A nave rotta ogni vento e’ contrario
Accerta il corso e poi spiega la vela
Al fare in mare, al tondo in terra.
Allor che il vento contro il sole gira, non ti fidar, perche’ torna forte e spira.
Arco di sera, buon tempo spera
Arco in mare, buon tempo vuol fare
Arcobaleno di sera, marinaro tranquillo. Arcobaleno di mattina marinaro all’erta.
Barca rotta, marinaio scapolo.
Barca, perdita cavalca.
Bisogna navigar secondo il vento
Chi casca in mare e non si bagna, paga la pena.
Chi detiene il controllo del mare ha il controllo dell’universo.
Chi discioglie la vela a piu’ di un vento, arriva spesso a porto di tormento
Chi dorme non piglia pesci
Chi e’ in mare naviga chi e’ in terra radica
Chi e’ oste o fornaio, e fa il barcaruolo, dato gli sia d’un mazzuolo.
Chi e’ padrone del mare, e’ padrone della terra
Chi ha da navigar guardi il tempo
Chi lavora mangia un’acciuga, chi non lavora, due.
Chi non ha navigato non sa che sia male.
Chi non ha sorte non vada a pescare.
Chi non sa nuotare non si butti a mare.
Chi non sa pregare vada in mare a navigare.
Chi non s’avventura, non ha ventura.
Chi non va per mar Dio non sa pregar.
Chi non va per mar Dio non sa pregar.
Chi pesca in fretta, spesso piglia dei granchi
Chi pesce vuol mangiare le brache s’ha a bagnare.
Chi scapita in mare, scapita in terra
Chi teme acqua e vento, non si metta in mare
Chiaro orizzonte a nord, sole calante, promessa di bel tempo al navigante.
Ciel senza nubi, pallide stelle, al marinaio dicon procelle.
Cielo a pecorelle, donna imbellettata non duran nemmeno una giornata
Cielo rosso di mattina, brutto tempo s’avvicina.
Del mar le pecorelle annunzian le procelle
Di’ bene del mare, ma resta a terra.
Donna iraconda mar senza sponda
Donna, fuoco e mare fanno l’uom pericolare.
Due capitani mandano la nave contro gli scogli.
E’ come l’ancora che sta sempre in mare e non impara mai a nuotare.
E’ come un pesce fuor d’acqua
E’ meglio pioggia e vento che non il mal tempo.
E ricorda che all’uomo dice Iddio: “Aiutati, che allor ti aiuto anch’io”.
Fa il bene e buttalo a mare: se non te lo riporta la gente, te lo riporta il pesce.
Giuramenti d’amore, giuramenti da marinaio
I pesci grossi stanno al fondo.
Il beccaio non ama il pescatore.
Il buon marinaio si conosce al mal tempo
Il mare e’ come il veleno, una volta entrato nel sangue, non esce piu’.
Il mare ha sempre vent’anni.
Il mare non parla per frasi, ma per versi.
Il mondo e’ come il mare: e vi s’affoga chi non sa nuotare.
Il polpo si cuoce con la sua stessa acqua.
Il sapere ha un piede in terra e l’altro in mare.
In acqua senza pesci non gettar rete.
In nave persa, tutti son piloti.
Invan si pesca, se l’uomo non ha l’esca.
La barca e’come una donna! Non si presta mai.
La bonaccia tempesta minaccia.
L’arte del marinaio, morire in mare; l’arte del mercante, fallire.
Lascia che l’onda passi e la marea s’abbassi.
Levante chiaro e tramontana scura, buttati in mare e non aver paura.
L’ospite e il pesce in tre giorni puzza.
Luna senta’, marinaio all’erta.
Meglio chiamar gli osti in terra che i santi in mare.
Meglio coda di gamberetto che coda di pescecane.
Meglio esser testa di luccio (o d’anguilla) che coda di storione.
Meglio essere proprietari di un guscio di noce che comandanti di una nave a vapore.
Montagna chiara e marina scura, sciogli le vele e non aver paura.
Nave genovese, mercante fiorentino.
Nave senza timon va presto al fondo.
Non giudicare la nave stando in terra.
Non incrociar la rotta ad un veliero se dubbio v’ha d’abbordo anco leggiero.
Non si vende il pesce ch’e ancor in mare.
Nubi ramate immote, ciel coperto, tempesta ti annunzian di certo.
Nuvola vagante, acqua non porta.
O pioggia o neve a mezzanotte avrai se a sera un cerchio alla luna avrai.
Ogni nave fa acqua; quale a mezzo, quale a proda, e quale in sentina.
Ognun sa navigar quando e’ buon vento .
Pallidezza del nocchiero, di burrasca segno vero .
Per la gola si pigliano i pesci.
Per mare non ci sono taverne .
Poca cima, poco marinaio.
Pochi sono gli uomini che possano dare del tu al Mare… Quei pochi non glielo danno.
Popolo marinaro, popolo libero.
Promesse di barcaiolo e incontro d’assassini, sempre costano quattrini.
Quando a pruavia alcun segnal tu avverta ferma, poi avanza adagio stando all’erta.
Quando le nubi ascendono dal mare non uscir di porto.
Risponda al rosso il rosso, al verde il verde, avanti pur, la nave non si perde.
Saltar dal trasto in sentina .
San Nicolo de Bari, la testa dei scolari e dei marinari.
Scienza, casa, virtu’ e mare – molto fan l’uomo avanzare.
Scirocco : oggi tiro domani scrocco.
Se a calma notte il mare brontola a riva, al largo, o marinar, la barca va giuliva.
Se alla sinistra il verde tu rilevi dritto alla via, che’ manovrar non devi.
Se il verde mostri mentre il rosso vedi, accosta sulla dritta e il passo cedi.
Se l’alba verde a te apparira’ da questo lato il vento arrivera’.
Se lampeggia, ma piu’ tuona, il vento vien da dove suona
Se l’iride si vede la mattina badate che il mal tempo s’avvicina
Se raggiungi in tua rotta nave in mare sei tu che per passar dei manovrare.
Se sulla rotta rosso e verde appare, mano al timone, a dritta tieni il mare.
Se v’e’ neve, foschia, o nebbia folta sii cauto e lento ed i segnali ascolta.
Secondo il vento, la vela
Senza esca non si pesca.
Serata rossa e grigia mattinata, indizi certi di bella giornata.
Sete, oto e nove l’acqua non si move, vinti, vintun e ventido’, l’acqua non va ne’ in su ne’ in gio’.
Stelle ingrandite e luminose assai annuncian cambiamento ai marinai.
Stelle moltissime in ciel filanti, di vento e pioggia son segni parlanti.
Stelle moltissime in ciel filanti, di vento e pioggia son segni parlanti.
Stelle troppo scintillanti, vento forte a te davanti.
Tramontana torba e scirocco chiaro, tienti all’erta, marinaro!
Tre cose fan l’uomo accorto: Lite, donna e porto.
Tu dagli eventi prenderai consiglio pronto e sicuro in subito periglio.
Un occhio al pesce e un altro alla gatta
Un pane dura cento miglia, e cento pani non durano un miglio.
Una volta bagnato con l’acqua salata, non ti asciughi piu’
Vecchia nave, ricchezza del padrone.
Vento da nord propizio al marinaro, se l’orizzonte scorgi netto e chiaro.
Vento in poppa, mezzo porto
Vento in poppa, vele al largo

Le superstizioni dei marinai



Ma i marinai sono superstiziosi? Proverbialmente sembra proprio di si e per menzionare tutte le loro superstizioni bisognerebbe scrivere un’enciclopedia. La storia della marineria è intrisa di riti scaramantici ancora oggi diffusi.

Stregonerie, esorcismi, rituali pagani e religiosi erano e sono il pane quotidiano di capitani e marinai sempre attenti a non sfidare le regole della fortuna e ingraziarsi, con riti propiziatori, la benevolenza degli elementi naturali. Di natura irrazionale, le superstizioni possono influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che le fanno proprie. Il credere che gli eventi futuri siano influenzati da particolari comportamenti, senza che vi sia una relazione casuale, vengono da molto lontano. La paura dell’ignoto e dell’immensità degli oceani ha generato sin dagli albori della navigazione una fitta serie di credenze. Per secoli miti e leggende sono stati tramandati a colmare col soprannaturale, quel vuoto che la razionalità ancora non riusciva a riempire. In Grecia, per esempio, si compivano sacrifici umani per assicurarsi il favore degli dei. Così Agamennone, re di Argo, fece immolare sua figlia Ifigenia per ottenere nuovi venti  per le navi che dovevano lasciare Troia. I vichinghi invece versavano il sangue degli schiavi sgozzati in segno di benedizione prima del varo di una nave o prima di intraprendere la navigazione. I miti e le leggende che si narravano intorno al mare e alle terribili creature che lo abitavano assunsero tinte ancora più fosche con il diffondersi del cristianesimo, quando a fare degli oceani campi di battaglia, non furono più dei capricciosi spiriti malvagi, ma santi e satanassi. Alle tempeste opera del diavolo venivano contrapposti ed invocati i santi (tutt’ora i marinai invocano per esempio Santa Barbara durante i forti temporali). Sempre durante il cristianesimo non si potevano mollare gli ormeggi il primo lunedì del mese di aprile perché coincideva con il giorno in cui Caino uccise Abele oppure il secondo lunedì di agosto era meglio restare in porto: in quel giorno Sodoma e Gomorra furono distrutte; partire poi il 31 dicembre era altrettanto di cattivo auspicio perché era il giorno in cui Giuda Iscariota si impiccò.

Gli agenti atmosferici come i “fuochi di Sant’Elmo” o come il passaggio di una cometa erano presagi buoni o cattivi a seconda dell’interpretazione che se ne dava; mentre una tromba d’aria in avvicinamento all’orizzonte poteva essere “tagliata” con una spada e deviata recitando una preghiera o una formula magica; le onde si placavano mettendo in mostra i seni nudi di una polena, o facendo scoccare in acqua dal più giovane dei marinai una freccia magica.

Anche gli animali non erano (…sono) immuni dai preconcetti scaramantici. Il gatto, malgrado ami poco il contatto dell’acqua, ha trovato un posto di tutto rispetto sui vascelli. La ragione della sua presenza a bordo si collega alla sua naturale propensione a scovare i roditori ed era anche ritenuto capace di prevedere eventi climatici: se soffiava significava che stava per piovere, se stava sdraiato sulla schiena c’era da aspettarsi una bonaccia, se era allegro e baldanzoso il vento stava per arrivare; se un gatto inoltre andava incontro un marinaio sul molo era segno di buona fortuna, se gli tagliava la strada il contrario (oggi per alcuni se un gatto nero ti attraversa la strada è presagio di brutte notizie); se si fermava a metà strada c’era da aspettarsi invece qualcosa di sgradevole. Si riteneva infine che i gatti potessero invocare una tempesta grazie al potere magico delle loro unghie. Per questa ragione a bordo si faceva sempre in modo che fossero ben nutriti e coccolati. Tra gli uccelli gabbiani e albatros erano l’incarnazione dei marinai morti in mare e portatori di tempeste. Peggio ancora se un cormorano si posava sul ponte di una nave e scuoteva le ali, guai a fargli del male si era posato per rubare l’anima di qualcuno e avrebbe significato naufragio sicuro. Così se tre uccelli si trovavano a volare sopra la nave in direzione della prua, l’equipaggio si disperava per l’imminente disgrazia da questi annunciata. Se uno squalo per esempio seguiva la scia di una nave era di cattivo auspicio perché si credeva fosse in grado di fiutare l’odore della morte. Diversamente i delfini e le rondini erano di buon augurio.

Ma le superstizioni colpiscono anche le persone e allora: “occhio, malocchio prezzemolo e finocchio” (come avrebbe recitato il principe De Curtis).

Gli avvocati (categoria particolarmente detestata dai marinai inglesi che li apostrofano spregevolmente squali di terra) e i preti (averli a bordo rappresentava una aperta sfida a Satana) portavano male (…avvocati, preti e polli non sono mai satolli). Stessa sorte per la donna averla in barca portava male (ora non si dice più, forse per la parità dei sessi). Secondo alcune tradizioni però una donna nuda, o incinta poteva placare anche la più terribile delle tempeste. Poi non ci poteva essere cosa peggiore, prima di salpare, di incontrare una persona con i capelli rossi, con gli occhi storti o con i piedi piatti (…rosso malpelo sprizza veleno). L’unica modo per salvarsi in questo caso era parlargli per prima.

C’erano e ci sono usanze che i marinai cercano assolutamente di evitare a bordo: indossare abiti di un altro marinaio, soprattutto se morto nel corso dello stesso viaggio; evitare di fare cadere fuori bordo un bugliolo o una scopa; imbarcare un ombrello, bagagli di colore nero, fiori e guardare alle proprie spalle quando si salpa); salire a bordo della nave con il piede sinistro; poggiare una bandiera sui pioli di una scala o ricucirla sul cassero di poppa (attualmente i marinai italiani nel ripiegare la bandiera lasciano il colore verde fuori in segno di speranza); lasciare le scarpe con la suola verso l’alto (presagio di nave capovolta); accendere una sigaretta da una candela (significava condannare un marinaio a morte); evitare il suono prodotto dallo sfregamento del bordo di un bicchiere o di una tazza; il rintocco della campana di bordo se non mossa dal rollio; pronunciare le parole: verde, maiale, uovo, tredici, coniglio; parlare di una nave affondata o di qualcuno morto annegato; indossare le magliette fornite dall’organizzazione di una regata; capi di abbigliamento nuovi; cambiare nome a una barca o battezzarla con un nome che finisce con la lettera “a”(in passato è stata sempre una eresia, soprattutto in Italia è ancora fonte di numerosi scrupoli. I francesi hanno risolto il problema cambiando il nome a ferragosto e mettendo in atto questo rituale: procedendo di bolina la barca deve compiere sei brevi virate e poi scendere in poppa piena tagliando in questo modo la sua stessa scia. In questo modo, secondo alcuni, si disegnerebbe un serpente che si morde la coda scongiurando la iella. Solo a questo punto la barca sarà pronta a un nuovo nome ) e tantissime altre superstizioni.

E’ invece di buon augurio per un marinaio avere un tatuaggio; lanciare un paio di scarpe fuori bordo immediatamente dopo il varo di una nave, indossare un orecchino d’oro (usanza antica che serviva a coprire le spese di sepoltura qualora il marinaio fosse deceduto); toccare il solino o la schiena di un marinaio; dipingere occhi sul moscone delle barche.

Oggi quando si vara una nave ci si limita a versare dello champagne sul ponte. Più raramente si lancia contro lo scafo l’intera bottiglia del prezioso vino: se questa si rompe è di buona sorte, altrimenti sono dolori.

Il pallino della superstizione di chi va per mare non accenna a svanire neppure oggi e, se non è superstizione, è certamente scaramanzia. E’ bene ricordare a tutti che qualunque marinaio prima di salpare, come nella vita di tutti i giorni, non accetta di buon grado gli “auguri” o i “buona fortuna”. Meglio porgergli in “bocca al lupo” o “in culo alla balena”.

Fonte: qui

Salpiamo!

Benvenuti e... buon anno!
Questo piccolo viaggio individuale inizia oggi, 1 gennaio 2018. Scrivo queste poche righe col mare davanti agli occhi: è il mare di Pozzuoli, la cittadina napoletana nella quale sono cresciuto e dalla quale sono partito nel 2007, per andare a lavorare a Roma.
Non so ancora quali venti incontrerò e quante onde dovrò cavalcare. Ignoro il nome dei porti nei quali attraccherò e quelli dai quali fuggirò. Ma di una cosa sono certo: viaggerò. E il viaggio sarà la cosa più importante.

Vi saluto con un video. Uno spot pubblicitario che ho visto tantissimi anni fa, quando ero un bambino che dalla finestra della propria camera vedeva le onde infrangersi spumeggianti sugli scogli sotto al Faro di Capo Miseno. Immagini bellissime, accompagnate da una musica stupenda.

Buon vento, gentiluomini e gentildonne di fortuna!